Prefazione a “L’inclusione possibile. Baskin: innovazione al lavoro”
«Flash 1: una ventina d’anni fa, Cremona. In occasione di una partita della Nazionale Magistrati, nell’intervallo va in scena una gara di esibizione di uno sport all’epoca non troppo conosciuto (o meglio, che io non conoscevo affatto). Si chiama baskin, ci dicono. All’inizio, circospetti, guardiamo solo per bon ton. Dopo pochi istanti, però, veniamo travolti. I più colpiti sono i magistrati, che pur lavorando in un luogo in cui campeggia a caratteri cubitali la scritta «la legge è uguale per tutti», non avevano mai pensato che anche lo sport potesse essere uguale per tutti (cosa che, purtroppo, quasi mai riesce a essere). Fino a quel momento, penso, nessuno ci aveva fatto sembrare lo sport così uguale per tutti. Quando ad alcuni magistrati viene chiesto di partecipare all’esibizione di baskin sono felici come bambini, e vederli è bellissimo […]»
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«First flashback: some twenty years ago, Cremona. During a match of the Judges’ National Football Team, an exhibition match of a sport that was not too well known at the time (or rather, that I did not know at all) was staged at half-time. It is called baskin, we are told. At first, we cautiously watch out of good manners. After a few moments, however, we are overwhelmed. Those who are most impressed are the judges themselves, who, despite working in a place where the words “the law is equal for everyone'” stand out in large letters, had never thought that access to sport could also be equal for everyone, despite the fact that, unfortunately, it almost never is). Until then, I think, no one had made sport seem so equal for all. When some of the judges are asked to participate in the baskin exhibition they look as happy as children, and it is beautiful to see them […]».
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