L’Europa pro-vocata dalla fiducia: uno sguardo “ideale”, non “irreale”

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La fiducia è una parola che fatica a trovare diritto di cittadinanza nel discorso pubblico dei nostri giorni, se non per vedere messe in piazza le proprie fatiche. Vale lo stesso per il sogno politico europeo. “Fiducia” e “Europa” sembrano essere state separate alla nascita, dopo una gestazione e un parto comuni. Questo contributo intende mettersi alla ricerca delle ragioni che permettano di superare la disaffezione o l’indifferenza europea, investendo nel più ampio rapporto tra “ideale” e “immaginario”. La nostra società del sospetto sembra infatti anestetizzare la capacità che “Fiducia” ed “Europa” concepiscano immagini del possibile e le coniughino secondo ideali credibili: lo straniero non estraneo e il futuro senza certezza sono due delle scommesse possibili per ripensare una tessitura necessaria tra una dinamica antropologica essenziale e una comunità politica e culturale ancora da realizzare.

Trust is a word that is difficult to find in nowadays public speech, maybe only to publicly display our struggles. It is the same for the european political dream. “Trust” and “Europe” seem to have been separated at birth, after a shared gestation and childbirth. This essay examines the reasons why we can overcome european disaffection or indifference, by investing on the wider relationship between “ideal” and “imaginary”. Our society, mostly based on suspicion, seems to paralyze the possibility that “Trust” and “Europe” could produce possible images and conjugate them according to credible ideals: the foreigner that is not a stranger and the uncertain future are two of the possible ways to connect an essential anthropological dynamic to a political and cultural community that is yet to be achieved.

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