La ricerca di vita negli antichi e nei moderni
Voci autorevoli del pensiero contemporaneo hanno riabilitato la saggezza antica. La proverbiale
sensibilità dei classici per l’intima finitudine e vulnerabilità della condizione umana sembra
costituire un argine naturale all’espansione incontrollata del lato “prometeico” e “strumentale”
della ragione moderna. Tuttavia, la necessità di relazioni sociali improntate al senso del limite ed alla cura reciproca viene per lo più intesa come un dovere nei riguardi della nostra nicchia ecologica e delle condizioni psico-fisiche che garantiscono la sua sopravvivenza. Così l’esigenza di moderare le pulsioni “fabbrili” della civiltà tecno-scientifica convive, nel nostro tempo, con la rivendicazione di un’assoluta libertà sia nella definizione del proprio stile di vita, sia nella pretesa di veder riconosciute, sul piano giuridico, le proprie aspirazioni identitarie. Questo tentativo di “quadrare il cerchio” lascia in ombra il vincolo che unisce i doveri verso terzi e i doveri verso se stessi. Una persona fiorisce (si esprime compiutamente) come centro di atti liberi e responsabili solo se viene trattata, nonostante infermità, lacune o deficienze, come chi trascende le condizioni biologiche e sociali della sua genesi. Dunque quando io modero le mie ambizioni per fare spazio all’altro nella sua irriducibile singolarità e differenza, sto semplicemente emulando e onorando il gesto che, a suo tempo, ha svegliato in me la coscienza di essere un “infinito” e generato, di conseguenza, il rispetto per me stesso.
Authoritative voices of contemporary thought have reinstated the ancient wisdom. The classics’
proverbial sensibility to the intimate finite nature and vulnerability of the human condition seems to limit the rampant expansion of the “prometheic” and “instrumental” aspect of modern reason. Nevertheless, the necessity of social relationships imbued with the sense of limitation and reciprocal care is generally understood as a duty towards our ecological niche, and psycho-physical conditions that guarantee its survival. Thus nowadays the necessity to moderate the “manmade” urges of techno-scientific civilization coexists with a reclaiming of absolute liberty both in the definition of onÈs own life style and the expectation of seeing onÈs aspirations to identity recognized and considered by law and policy. This attempt to “square the circle” ignores the bond that ties together duties toward others and duties toward oneself. A person completely expresses himself as a agent of free and responsible acts only if he is considered as someone who transcends the biological and social conditions of his genesis: despite any infirmity, shortcomings or deficiencies. Therefore when a person moderates his ambitions in order to make room for someone else in his irreducible singularity and difference, he is simply emulating and honoring a gesture which has awoken in him the conscience to be an “infinite” being and generated, consequently, his self respect.