Ci ha lasciato Paolo Gregoretti
Lo ricorda il direttore di Anthropologica, che è stato suo allievo
Un’altra colonna del Maritain ci ha lasciato e ora il peso che grava sulle spalle degli allievi di un tempo si fa ancora più avvertito.
Quella di Paolo Gregoretti è stata una presenza importante, forse meno visibile, ma costante e benevola. Discreto e paziente, egli è stato per molti di noi un riferimento e un sostegno affidabile nel percorso di maturazione intellettuale e personale.
Chi ha avuto modo di conoscerlo ne ricorda il rigore pacato con cui difendeva le buone ragioni della metafisica classica, l’equilibrio con il quale affrontava le questioni etiche più delicate, l’attenzione che sempre dedicava all’ascolto della vita e delle sue problematiche.
Condividiamo di seguito il ricordo personale del prof. Luca Grion, che è stato suo allievo, e che ne traccia un profilo di squisita umanità.
In ricordo di Paolo Gregoretti (di Luca Grion)
Ieri è mancato Paolo Gregoretti. Ci ha lasciato dopo aver lottato, con pazienza e coraggio, contro i mali che da tanti anni ne intaccavano il corpo senza scalfirne il buonumore.
Paolo Gregoretti io l’ho conosciuto quasi per caso: all’epoca ero al secondo anno di Filosofia e cominciavo a pormi qualche domanda sulla bontà della mia scelta di studio. Mentre mi interrogavo sulla distanza tra aspettative e concretezza dell’offerta formativa, mi capitarono tra le mani i saggi che mio fratello aveva affrontato per la preparazione del suo esame di filosofa morale a Scienze Politiche. Ad essi si aggiungevano poi i testi della sua tesi di laurea, dedicata al pensiero morale di Jacques Maritain. Come spesso capita, il non cercato regala le sorprese più gradite: quelle letture, infatti, si rivelarono capaci di riappacificarmi con la disciplina o, quanto meno, di farmi intuire che potevano esserci vie più fertili da esplorare.
A quel tempo, come accennato, iniziavo ad averne abbastanza dei debolismi della postmodernità e meditavo di dedicarmi ad altro. Mi ero iscritto a Filosofia con la speranza di poter capire la vita in modo più profondo, ma in quei primi anni di studio avevo trovato solo erudizione frammista ad un discreto tasso di autoreferenzialità. Rimasi quindi colpito da quei testi che parlavano del rapporto tra fede e ragione, di verità del desiderio, di vita e di ricerca del suo senso. Andai così in cerca di chi, quei testi, aveva in parte scritto e in parte semplicemente proposto; ne ho poi seguito le lezioni e ho lasciato che mi suggerisse letture e piste di ricerca. Ne ho ricavato non solo un rinnovato gusto per la disciplina filosofica ma, soprattutto, l’esempio di un diverso modo di vivere l’esperienza universitaria. Il dono più prezioso che Paolo Gregoretti ci ha saputo offrire è stata l’esemplarità del suo essere, con semplicità e mitezza, un autentico maestro; una di quelle persone che desiderano il bene dei ragazzi che incontrano, che credono nel valore del proprio ruolo formativo ed educativo. Prova concreta di come l’università possa essere luogo di incontro e di crescita e non solo rifugio per ego ipertrofici e teatro di sterili rivalità.
Nel darci il suo arrivederci, Paolo Gregoretti ci passa un testimone importante; speriamo di esserne all’altezza.