La narrativa dell’intelligenza artificiale: soggettività etica e riduzionismo antropologico

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L’onnipresenza penetrante dell’intelligenza artificiale (IA) sembra guidata da una sorta di narrativa, una trama terminologica fatta di premesse concettuali e finalità applicative in grado di riformulare la nostra comprensione dell’umano. Adottando un approccio etico-antropologico, l’articolo tenta dapprima di rintracciare i presupposti scientifici dell’IA considerando le teorie filosofiche sottese alla sua progettazione e valutandone il significato dal punto di vista della conoscenza dell’umano, per poi rimarcare la differenza essenziale persistente tra complessità antropologica e sofisticazione algoritmica. Nonostante questo divario irriducibile, la diffusione sociale dell’IA e delle narrative ad essa sottese è capace di influire considerevolmente sulla soggettività etica. Accertando l’intenzione decisiva di simulare computazionalmente la facoltà di giudizio, fino a delegarne le peculiarità, il contributo propone un’integrazione umanizzante che salvaguardi l’inesauribile verità antropologica, mantenendo al contempo le innovazioni tecnologiche nei termini delle loro potenzialità.

The penetrating omnipresence of artificial intelligence (AI) appears to be guided by a sort of narrative, a terminological plot made up of conceptual premises and applicative purposes capable of reformulating our understanding of the human. Adopting an ethical- anthropological approach, the article first attempts to trace the scientific assumptions underlying AI, considering the philosophical theories informing its engineering and evaluating their influence on the meaning of the human; it then points out the essential difference between anthropological complexity and algorithmic sophistication. Despite this irreducible disproportion, the social diffusion of AI and its narratives risks having a considerable influence on our ethical subjectivity. By ascertaining the crucial intention of computationally simulating the faculty of judgment, to the point of delegating its peculiarities, the essay proposes a humanizing integration capable of safeguarding our inexhaustible anthropological truth, retaining at the same time technological innovations within the boundaries of their potential

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