L’est-etica dell’educare. Idee per una nuova filosofia dell’educazione

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Una nuova proposta filosofica sull’educazione non può focalizzarsi unicamente sulla
dimensione razionale del giudizio (e dunque su una definizione oggettivistica dell’etica e della
conoscenza), ma deve agganciarsi ad una dimensione esistenziale più ampia, che può trovare
nell’idea di generatività un concetto capace di coniugare il tema della dimensione corporea in
una prospettiva di intersoggettività inclusiva. Il concetto di generatività (nella sua declinazione
di creaturalità che si giustifica – che costruisce la propria teodicea – attraverso un impegno di
responsabilità nei confronti di quanto creato e dunque anche di sé) permette di aggirare le
strettoie del riduzionismo della filosofia del soggetto senza cadere nel biologismo materialistico.
Per operare il (difficile) raccordo tra l’idea di bellezza e quella di bene in una definizione
comprensiva di umanità è necessario lavorare sulla natura poietica dell’uomo e riflettere
sulla impossibilità di considerare la distinzione moderna tra i corpi e le idee, tra artificialità
e spiritualità, un dato di fatto. Se si analizza la difficoltà presente fin dall’antica Grecia di tener
separate le concezioni del bello e del buono (la kalokagathia), ci si accorge che l’esperienza del
procreare e dell’educare corrisponde al bisogno di interpretare la vita come luogo di gratitudine
e accoglienza (capacità di meravigliarsi). Il vettore attivo, etico, della generazione si produce
in concomitanza a quello “passivo”, estetico, dell’esser generati (dell’accogliere il mondo e noi
stessi come qualcosa di ammirevole). L’idea di est-etica coniuga efficacemente la dimensione
volontaristica e attiva dell’etica a quella “recettiva” e passiva dell’estetica (la focalizzazione del
nostro essere creature, dell’essere nel mondo, in quanto esseri generati) e permette di aggirare
alcuni scogli aporetici della coniugazione tra bellezza e bene. L’est-etica che emerge da questo
tentativo è l’idea di un’educazione all’assenso al creato (con grandi implicazioni ecologiche) e di
umiltà antropologica, in cui l’identità umana è ben ancorata nella corporeità come condizione di
appartenenza alla terra e a una comunità. In un’est-etica del genere non vi è nulla di edonistico,
ma l’ascesi dell’amore per la bellezza intrinseca che è essere vivi insieme.

A new philosophical proposition on education cannot simply focus on the rational dimension
of judgement therefore on an objectivistic definition of ethics and knowledge. It will have to
refer to broader cultural and existential dimensions, which could find in the idea of generativity
a powerful concept to combine the theme of the corporal dimension in a perspective of
inclusive intersubjectivity. The concept of generativity, in its declination of “being creature”,
allows to bypass the restraints of a reductionist philosophical theory about the subject without
falling into materialistic biologism. The idea of “being creature” or creaturality is justified in a
commitment towards what is created and therefore towards itself; this is also its proper theodicy. In order to operate the (difficult) junction between the idea of Beauty and the idea of Good in a comprehensive definition of humanity, it is necessary to work on the poietic (creative)
nature of man. This attitude can facilitate to reflect upon the impossibility of taking for granted
the modern distinction between bodies and ideas, between artificiality and spirituality. If we
analyse the difficulty – already existing in ancient Greece – of maintaining a separation between beauty and good (kalokagathia), we can realize that the experiences of both procreation and education correspond to the need of interpreting life as the place of gratitude and wonder. The active and ethic vector of generation is produced alongside the passive and aesthetic vector of being generated (of conceiving the world and ourselves as something admirable). The idea of “aest-ethics” effectively links the voluntary and active dimension of ethics to the “receptive” and passive dimension of aesthetics. The focus is on our “being creatures”, on our being in the world as generated human beings. This reflection also allows to bypass the aporetic obstacles in the junction of beauty and good. The aest-ethics which emerges from this attempt is, in fact, the idea of the education as a wormwood to the created world and of anthropological humility. For this reason human identity is strongly tied to the corporal dimension as a condition of belonging to the earth and to the human community. Hedonism is not present in this idea of aest-ethics, but the ascesis of love is here expressed such as the intrinsic beauty of being living together.

 

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