L’uomo in relazione. Crisi e attualità di un’idea

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Quando gli antichi parlavano dell’uomo nei termini di un “animale politico”, essi intendevano sottolineare la centralità della relazione interpersonale quale elemento strutturale dell’esser-uomo. Aristotele, ad esempio, osservava che ciascuno può esprimere compiutamente se stesso solo all’interno della relazione con gli altri, fuori dalla quale non vi è alcuna possibilità per un’esistenza propriamente umana. Se però provassimo a confrontare tale prospettiva aristotelica con il contesto attuale, non potremmo che registrare la profonda dissonanza tra quel modo di ragionare attorno alla natura relazionale dell’uomo e la concretezza fattuale delle nostre società. Non a caso, buona parte della riflessione contemporanea segnala la progressiva precarizzazione dei legami. La loro liquefazione. Più radicalmente, la riflessione moderna ha messo in discussione l’originarietà della relazione ad altri, teorizzando il primato dell’individuo e la strumentalità utilitaristica della relazione sociale. Ma se l’intuizione aristotelica era corretta, che ne è allora dell’uomo?

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