Perfezione. Dove l’antropologia si esprime nella prassi, dove la prassi si rapprende nell’onto-antropologia

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Il concetto di perfezione, respinto dalla modernità contemporanea, include nella stessa radice
del termine, una caratterizzazione dinamica che viene esplicitamente sviluppata da Aristotele.
Se ne debbono riconoscere perciò due fondamentali accezioni: a) la perfezione come compimento, dove con perfetto si intende alcunché di “compiutamente fatto” (per-fecto), vale a dire un ente cui nulla manca per esser tale; b) la perfezione come un’attività orientata o protesa al compimento, cioè un procedere verso (-kommen), un agire (-facere) orientati all’ottimizzazione delle potenzialità dell’ente: quindi un voll-kommen, un per-ficere, una τελειωσις. I due significati,
facenti capo alla nozione aristotelica di atto, si rivelano compresenti, e in una relazione di circolarità tale da non poter mai esser del tutto scissi l’uno dall’altro. Questa relazione caratterizza la dimensione esistenziale-pratica dell’uomo, confermando la centralità del concetto di vita perfetta. Il modello circolare, confermato dal Nuovo Testamento e dalla prima letteratura subapostolica, si ritrova in tre sommi esponenti della riflessione filosofico-teologica del pensiero cristiano quali Agostino, Tommaso e Rosmini, e spinge a considerare l’idea di perfezione come il luogo ontico nel quale la costituzione ontologica della persona umana si traduce dal piano teoretico al pratico e viceversa.

Rejected by contemporary modernity, the concept of perfection embodies at its root-word a dynamic characterization that is expressly developed by Aristotle. Two fundamental meanings must to be recognized: a) perfection as fulfilment, where perfect means “completely done” (per-fecto), that is, an entity that requires nothing to be itself; b) perfection as an activity directed towards fulfilment, which is to proceed toward (-kommen), to act (-facere); in both cases with the goal of optimization of the entity’s potentiality: voll-kommen, per-ficere, τελειωσις. Referring to Aristotle’s notion of act, these two meanings are equally importantly present, and in a circular relationship because neither can ever be separated from the other. This relationship characterizes man’s practical-existential dimension, confirming the centrality of the concept of a perfectly fulfilled life. Confirmed by the New Testament and the first subapostolic literature, the circular model appears in the works of the three main representatives of philosophical-theological reflection in Christian thought: Augustine, St. Thomas and Rosmini. This model urges the consideration of the concept of perfection as an ontic locus at which the ontological constitution of man transposes from a theoretical level to a practical one and vice versa.

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